Le rogazioni

Verso la fine di maggio o nei primi giorni di giugno si svolgeva la processione delle Rogazioni. Se l’annata si presentava arida, o troppo piovosa ci si premurava di chiedere l’aiuto divino. Ma questo gesto valeva anche per scongiurare temporali e grandinate o, peggio ancora, gli incendi, le pestilenze e la guerra. “A fùlgure et tempestàte; A flagello terræmòtus; A peste, fame, et bello” cantava il sacerdote, e la gente rispondeva: “libera nos, Domine. Come dire: pensaci Tu perché noi siamo impotenti di fronte a queste disgrazie.

Dalle nostre parti, il giorno fissato, il parroco, alcuni chierichetti e la gente della borgata percorrevano un tratto di carraia per raggiungere incroci o alture da dove si potesse dominare gran parte del territorio lavorato. Lungo il percorso si recitava il rosario, le litanie dei Santi e altre formule adeguate alla circostanza. Arrivati al punto scelto il parroco impartiva la benedizione, dopo avere invocato Dio perché concedesse la sospirata pioggia e allontanasse ogni tipo di sciagura, e quindi aspergeva con l’acqua santa i quattro lati corrispondenti ai punti cardinali. Da Castellaro si andava verso Gombio, fino a Costa del Bocco, oppure verso Legoreccio, fino a Costaflòna, vicino a Campolungo.

 

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2006: Ricollocamento della Croce alla Costa del bocco, sull’antica strada per Gombio,

ove un tempo arrivava la processione delle Rogazioni. (Arch. RS)

Le Rogazioni esistevano già nell’antica Roma, in onore di Cerere, col nome Ambarvàlia. La Chiesa le ha riprese trasformando un rito pagano in rito cristiano, destinato a chiedere l’assistenza divina sui raccolti. All’inizio il rito si svolgeva il 25 Aprile (Rogazioni ordinarie maggiori) e nei tre giorni antecedenti l’Ascensione (Lunedì, Martedì, Mercoledì, rogazioni minori). Quelle straordinarie invece si tenevano quando vi era una calamità urgente. Nella chiesa cattolica le Rogazioni furono istituite da Papa Liberio (325-366), e poi dal vescovo di Vienne (Francia) san Mamerto (511).

E qui permettete una breve digressione, senza con ciò volere essere dissacrante. In un imprecisato paesino a levante del nostro una frana stava mettendo in pericolo la casa di Mingùl. Parroco e fedeli decidono di fare una processione propiziatrice per impetrare la grazia di salvare almeno la casa. La processione si avvia, il parroco intona le litanie dei santi intercalate dalle espressioni tipiche citate sopra. Gli uomini rispondono con la loro voce cavernosa: Lìbera nos Dòmine. Alle donne presenti il latinorum del parroco e la voce penitenziale degli uomini non piace molto, per cui decidono di interpretare in modo personale l’invocazione. Alla successiva proposta del parroco esse precedono gli uomini con questa invocazione, (trasformandola in un balletto): sa drìta la ca’ d’ Mingùl, turututùl, turututùl.

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